mercoledì 17 giugno 2009

Quella volta in treno

Mia moglie. Mi piace da morire, adesso come trent’anni fa. Non è una bellezza da lasciare a bocca aperta, come succedeva allora. Certo vent’anni sono vent’anni. Oggi non è meno bella; il tempo è passato sul suo corpo e sul suo animo in maniera leggiadra, così come l’effetto delle sue due gravidanze. E’ ancora una bellissima donna, poco più piena di allora, ma sempre bellissima, una splendida cinquantenne con una bellezza che scende sotto pelle. Una di quelle persone naturalmente amabili, con un’integrità morale ed una fedeltà coniugale fuori ogni discussione. Ci siamo lasciati alle spalle tante cose, il mutuo di casa, tutti i problemi, economici e sociali, di una moderna ed affermata coppia, cercando di non perderci né farci mancare nulla. Se dovessi definire i suoi punti di forza, naturalmente in senso estetico, non esiterei a sottolineare due fianchi sensuali ed un sorriso accattivante. Una promessa di delizie, insomma, una promessa di far saltare il cuore con un gesto o un’espressione.E’ con quest’intenzione che ci siamo concessi una gita, una cosa da trascorrere piano piano, una passeggiata romantica, come allora, sul greto di un fiume. Un posto che conoscevamo da fidanzati, dove siamo riusciti ancora, come allora, a fare l’amore. Siamo andati lì con il treno e con il treno siamo tornati, tra abbracci e risa. Il treno era di quelli all’antica, con il corridoio e gli scompartimenti, non come queli moderni fatti solo di poltrone. Ricordo ancora la conversazione che ci suscitava questo riso. Parlavamo di una scommessa, una stupida scommessa che nessuno dei due aveva intenzione di vincere ma che ci ha preso rapidamente la mano. Si trattava, avevo scommesso così, che uno dei due doveva prima dell’altro ottenere da un perfetto sconosciuto il suo numero di telefono. Lo sconosciuto doveva, per condizione, essere dell’altro sesso. Il prezzo della scommessa? Una banconota da 50 euro appoggiata tra di noi sul sedile. Arriviamo con il treno ad una stazione importante; sale un sacco di gente ed io mi soffermo a “puntare” un gruppo di ragazze. Il cuore mi sale in gola quando un paio di queste, giovani e carine, mi osservano, come per chiedermi qualcosa. Poi scoppiano a ridere e vanno via, lasciandomi seduto e deriso, almeno nell’animo. In un altro scompartimento, guardavo tra le tendine della cabina, mia moglie era intenta a parlare con un giovanotto. Piu trardi mi avrebbe raccontato che gli era stato sufficiente indirizzargli lo sguardo. La chiacchierata andò avanti un pochino. Non potevo vederlo, coperto quasi completamente dalle tendine. Osservavo mia moglie seduta davanti a lui, la schiena sul sedile e le braccia incrociate sul petto. Aprii la porta dello scompartimento e lui trasalì. Mia moglie mi sorrise in segno di vittoria, trionfante. Aveva vinto, ed io la volevo di nuovo vicino a me. Mi sedetti vicino a lei e la baciai, davanti al giovanotto, come a segnalargli la mia proprietà. Lui si ritrasse e cambiò scompartimento. Dopo un altro poco mia moglie si alzò ed io lasciai passare qualche minuto prima di seguirla. Era seduta in un altro scompartimento, sempre con il giovane davanti. Stavolta la conversazione li animava entrambi. Erano tutti e due di fronte ma vicini, le mani di lui quasi a sfiorare le ginocchia di mia moglie. La vidi dallo spezio della tendina e lei, i suoi occhi nei miei, mi sorrise. Trasse indietro un ginocchio, mentre l’altro avanzava, quasi un invito, verso il ragazzo. Il treno viaggiava, con strani sbalzi; viaggiava anche la mano sulla sua gamba. Lei ferma, le labbra contratte. Ricominciarono a parlottare, poi mia moglie tirò a se il ragazzo per il collo e lo baciò, sempre fissando i suoi occhi nei miei. La mano del giovane volò dalla gamba al seno di mia moglie, afferrandolo attraverso i vestiti. Lei si stirò sul sedile, avvicinandosi a lui con le gambe, gli occhi socchiusi e le gambe a circondare quelle dell’uomo; in un salto lui le sedette a fianco, togliendomi dalla vista parte della scena. Ancora abbracciati, stavolta bocca sulla bocca, una mano a tentare di aprire la camicetta e sollevare il reggiseno. Il mio cuore impazzito, la mia testa in fiamme eppure le gambe rigide, la bocca serrata mi impedivano ogni gesto. La scena più assurda alla quale avessi potuto assistere eppure la più sconvolgente che avessi mai visto. Lei interruppe il bacio e lo spostò sul sedile, gli disse qualcosa sulla possibilità che entrasse qualcuno e venissero scoprti, si rassettò ed usci, venendomi a cercare. Evidentemente eccitata, rossa in viso e calda come non mai mi mise le mani intorno alla nuca e mi baciò. “Ti piace quello che hai visto? Devo fermarmi?” mi chiese. Io parlai, balbettati, le feci quasi la paternale sul fatto che questo fosse uno sconosciuto, sul fato che mai come ora la trovassi sexy, sul fatto che lo spettacolo che mi aveva offerto mi aveva sconvolto, come credo fosse sconvolta lei stessa. “E’ tutto sotto controllo, amore, tutto sotto controllo”. Controllo, la parola magica, ma controllo di cosa? Il suo sorriso mi sembrava stregato, aveva vinto? Cosa cercava di più? “Ti piace guardarmi?” Queste parole suonavano come frustate. “E’ il mio momento, lo sai? Sono sul tuo personalissimo palcoscenico”. Si girò e sparì di nuovo nello scompartimento. Ripresi la mia postazione, attento che non entrasse nessuno dei passeggeri nel frattempo saliti ad una stazione. Il mio occhio dentro la vide di nuovo, stavolta con la camicetta aperta a mostrare il suo reggiseno, le mani del ragazzo sulla sua pelle, il sole al tramonto a leccare attraverso le tende quasta stranissima coppia. Lui schiacciò il reggiseno e lei fu abile a toglierlo attraverso le spalline, un gesto un po’ complicato ma che a me ha fatto sempre impazzire. Una mano su una mammella e la bocca sull’altra; lei reclinò la testa all’indietro e socchiuse gli occhi, con un sospiro. Un rumore dietro di me mi distrasse, per un attimo temetti un’invasione di gente nel vagone, mi sentii perso. Falso allarme. Tornato con lo sguardo nello scompartimento la trovai seduta, ad armeggiare con la lampo del ragazzo in piedi, di fronte a lei. I capelli le cadevano in continuazione sul viso. Piano piano ebbe la meglio sulla chiusura lampo, la mano nei calzoni, lui trattenne il fiato. Daui calzoni uscì un membro, piu lungo del mio. Ma perché noi uomini, in situazioni del genere ci mettiamo a fare confronti con il centimetro in mano? La condizione di mia moglie meritava ben altre considerazioni ma la prima cosa a cui pensai fu proprio quella. Mia moglie fissò quello che aveva in mano e si passò la lingua sulle labbra. La distanza tra la sua bocca e quello che aveva in mano si ridusse sempre di più, ma a me sembrava di vedere la scena al cinema, al rallentatore. A bocca aperta lo accolse dentro di se. Ero affascinato nel vederlo scomparire pezzettino dopo pezzettino tra le sua labbra, affascinato, rapito, ipnotizzato. Succhiare, leccare, rapito, osservavo, lei aveva gli occhi semichiusi, toccare, ancora leccare, mi guardava, mi fissava, cercava di sfidarmi, succhiava. Sempre rivolta verso di me ha avuto lo stimolo di tossire, tira fuori quello che aveva in bocca, lo tiene in mano e mi fissa, ancora sfidandomi, poi se lo respinge in gola. Lui la prende per la testa, lei mi fissa ancora.
Solito trambusto dietro di me, stavolta c’è una fermata importante, la gente si accalca per prepararsi a scendere. Non posso rimanere incollato al vetro, darei sospetti. Sento lui gemere ma non posso avvicinarmi. Mille cose nella mente. Il cuore mi esplode nel petto. Il treno si ferma, la gente scende, la gente sale, ancora di piantone davanti alla porta dello scompartimento per non far salire nessuno. Calmata la situazione guardai dentro, tutti e due seduti, composti uno vicino all’altra. Lei mi guarda attraverso il vetro e si alza, si muove verso di me. Apre la porta e se la richiude dietro. Si avvicina con un sorriso, raggiante. Mi afferra dietro la nuca. Sento l’odore dell’altro uomo sulla sua bocca, le la apre e la trovo piena del piacere di quello sconosciuto. Mi bacia, ci fondiamo, riempie la mia bocca come lui ha riempito la sua. Resto immobile, non vorrei deglutire ma con la sua lingua muove anche la mia. Mi sento perso, finito, frastornato. Su stacca. “Ti amo” mi dice e riprende a baciarmi, mentre con la lingua si lecca le labbra, lecca anche le mie e mi fa deglutire quello che era rimasto del loro gioco. La abbraccio, ebbro, ebbro di lei, ebbro di vita.

giovedì 25 settembre 2008

Comunicazione di servizio

Ogni giorno è sempre come la prima volta. Sono molto innamorato di mia moglie e tutto quello che ci sta capitando ne è la diretta conseguenza. Vorrei riassumervi sei anni di pene e di dolori, di estasi e di piacere ma non so da dove cominciare. A presto

mercoledì 23 luglio 2008

Perchè siamo qui

Ciao a tutti, mi presento. Mi chiamo Giuliano, sono romano ed ho 64 anni. Lo scopo di questo blog è raccontarmi e far conoscere la mia storia e qualle del grande amore della mia vita, Loredana. Splendida donna, molto solare, siamo sposati da quasi dieci anni. Ha 54 anni e fa l'avvocato. Non abbiamo figli, fatto compensato da una vita sociale molto intesa e bruciamo tutti e due della stessa ardente emozione, il sesso, magari condito con una passione che alla nostra età credevamo di dover perdere. Questo blog è quindi la nostra storia, il racconto di noi e delle nostre esperienze, del nostro modo di crescere insieme, di maturare anche attraverso attimi che come vedrete o meglio leggerete sono anche fuori dal comune. Ben accetti saranno anche i vostri commenti che potranno servirmi da stimolo nel racconto. La nostra storia, questa storia, va avanti da quasi sei anni, quindi ho pensato di dare dei flash e, con una tecnica quasi cinematografica, fare una cronaca più possibile legata da un filo conduttore. Se sbaglio, comprendetemi.